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mercoledì 2 aprile 2014

L'Euro affossa il Rating dei Paesi dell'Unione

Il Potere delle Agenzie

Le Agenzie di rating valutano la capacità degli Stati Sovrani di restituire il debito. I rating incidono sul tasso d'interesse del debito non soltanto perchè sono credibili e quindi influenzano le decisioni dei grandi investitori istituzionali ma anche perchè una serie di vincoli normativi di natura sia pubblica che privata impongono ai grandi investitori di acquistare solo obbligazioni con un buon merito di credito (investment grade rating).
Per esempio molti fondi americani e non, indicano nella propria politica d'investimento il rating minimo delle obbligazioni in cui possono investire. La politica d'investimento di un fondo è un contratto di natura privata tra il manager del fondo ed i suoi investitori. Il manager può esercitare la propria discrezionalità nelle scelte d'investimento entro i limiti dell'accordo stipulato con gli investitori e rappresentato dalla politica d'investimento.
Oltre a questi vincoli di natura privata, le Agenzie di rating sono favorite dalla regolamentazione bancaria internazionale. La Banca dei Regolamenti Internazionali (The Bank of International Settlement) tramite le normative "Basilea II" e in futuro "Basilea III" fa affidamento sul rating delle Agenzie per determinare il merito di credito di un emittente. In base alle regole attuali le banche che investono in titoli di buona qualità, corrono meno rischi, quindi possono avere meno riserve liquide regolamentari, investire di più e potenzialmente ottenere maggiori margini di guadagno.
Le Agenzie sono anche uno strumento di controllo politico internazionale che gli americani esercitano sul resto del mondo. Moody's, Fitch e S&P sono tutte americane. Quando nel 2011 S&P ha abbassato il rating governativo americano, l'amministratore delegato Deven Sharma fece uno "step down" e si dimise. Alcuni giornalisti sostennero che in realtà fu costetto a dimettersi.

Come l'Europa sta cercando di emanciparsi dal controllo dell'America

Il Parlamento europeo, così come l'ESMA (l'Autorità europea per la salvaguardia del mercato finanziario) hanno cercato negli ultimi anni di limitare il potere delle Agenzie americane, facendo in modo che nelle regolamentazioni concernenti liquidità, nonchè solvibilità di istituti finanziari ed assicurativi, le obbligazioni sovrane dell'area Euro potessero essere valutate indipendentemente dal rating delle Agenzie. Inoltre il Parlamento europeo ha approvato una serie di leggi che obbligano le società d'investimento a svilupare modelli interni di rating e non affidarsi esclusivamente o meccanicamente al rating del credito  (Regolamento (UE) n. 462/2013). Conseguentemente sono stati eliminati riferimenti meccanicistici a livelli minimi di rating emessi dalle Agenzie americane nelle politiche d'investimento dei fondi stessi.
La controffensiva europea si è  inoltre concretizzata con una nuova legge tale per cui le Agenzie di rating sono regolamentate e monitorate dagli organi di controlli nazionali. In Italia la Consob dovrà fornire l'autorizzazione ad operare a S&P, Moody's e Fitch.

Nonostante queste iniziative di natura politica coordinate a livello europeo (alla faccia di chi dice che l'Europa non si occupa di politica), le Agenzie di rating rappresentano un potere forte nella determinazione di quanto un intero popolo dovrà pagare per il servizio del debito. L'Italia nel 2013 ha pagato circa 83 miliardi di Euro ed il famoso spread è stato influenzato anche dal rating ricevuto dalle Agenzie nel 2011 che ha raggiunto il livello BBB, appena un "notch" sopra le obbligazioni spazzatura.

La metodologia di Standard & Poor's

E' quindi importante capire quali sono i fattori che determinano il rating. C'è tanto da imparare da società che valutano il debito sovrano da un centinaio di anni e quindi non è giusto demonizzarle per giustificare la situazione politica in cui ci troviamo oggi.
Innanzitutto è doveroso riconoscere che le Agenzie sono credibili perchè il rating si è dimostrato un buon indicatore delle probabilità d'insolvenza di un'obbligazione.
Qui di seguito faccio una sintesi di alcuni concetti presenti nel Metodology Paper sul rating sovrano di S&P che è  l'Agenzia di rating più importante del mondo.
http://www.standardandpoors.com/servlet/BlobServer?blobheadername3=MDT-Type&blobcol=urldata&blobtable=MungoBlobs&blobheadervalue2=inline%3B+filename%3DCriteriaGovernmentsSovereignsSovereignGovernmentRatingMethodologyAndAssumptions.pdf&blobheadername2=Content-Disposition&blobheadervalue1=application%2Fpdf&blobkey=id&blobheadername1=content-type&blobwhere=1243943646614&blobheadervalue3=UTF-8

 La metodologia di S&P è basata su due grandi concetti. Da una parte c'è la forza economica e politica di uno Stato ossia la sua coesione sociale, la sua struttura produttiva, la credibilità delle sue istituzioni. Dall'altra vi è la sua flessibilità nell'implementare efficaci politiche fiscali e monetarie nonchè la capcità di influenzare i paesi stranieri e scaricare su di questi alcuni oneri per rendere più sostenibile i debiti dei propri residenti. In pratica la metodologia valuta quanto è fortew uno Stato e quanta capacità ha di diventare più forte.
Il paper giunge a questo modello sulla base delle serie storiche delle insolvenze dei debiti sovrani. In particolare le insolvenze accadono dopo lunghi periodi in cui i politici non hanno preparato le proprie economie ad eventi inattesi o shock.

"Following a shock, when a government's previous fiscal or monetary policies left it little room for maneuver, or when economic policy did not support sustained economic growth then investors' perceptions tended to change quickly. This, in turn, raised financing costs and, in some cases, left a government with default as the preferred policy response."Parafrasando S&P sembra che l'Italia abbia fatto una grande sciocchezza a mettersi in una situazione in cui non ha margini di manovra e la Commissione europea, con la propria politica di austerità e di mancato supporto alla crescita sta facendo il resto per portarci al default.
Ma leggendo più approfonditamente il paper ci si rende conto di quanto l'Euro stia danneggiando i paesi europei anche dal punto di vista del merito di credito. 

Innanzitutto ci sono due tipi di obbligazioni sovrane: quelle emesse in valuta locale e quelle emesse in valuta straniera. Se uno Stato emette debito in una valuta che non controlla, allora la sua capacità di ripagare il debito si deteriora e quindi il merito di credito viene ridotto sino a 2 livelli. Le emissioni obbligazionarie emesse all'interno di un'unione monetaria sono equivalenti all'emissione in valuta straniera perchè lo Stato emittente non può controllare la moneta di denominazione del debito.
 
Passando in dettaglio il methodology paper,  ci sono 5 fattori fondamentali che determinano il rating:
1) Efficacia istituzionale e rischio politico
2) Struttura Economica e prospettive di crescita
3) Liquidità esterna e posizione negli investimenti internazionali
4) Performance fiscale, flessibilità  e peso del debito
5) Flessibilità monetaria
 








 



I primi due fattori sono combinati per generare il profilo economico politico che descrive, su una scala da 1 a 6, la resilienza di un Paese e la sua stabilità sociale, economica ed istituzionale.
Gli altri 3 fattore sono combinati per fornire il profilo di flessibilità e performance del paese, ossia la sua capacità di utilizzare tutti gli strumenti di politica fiscale e monetaria nonchè la sua forza o capacità di influenzare l'esterno per facilitare il raggiungimento degli obiettivi finanziari dei residenti. Uno Stato con una bilancia commerciale in positivo ha sicuramente maggiori margini di manovra rispetto ad uno Stato importatore netto, così come uno Stato con maggiore flessibilità fiscale e monetaria si trova in una posizione migliore di chi non controlla nè l'una nè l'altra. 
Da questo quadro risulta la posizione particolarmente debole dell'Italia. L'Italia non ha infatti flessibilità sia moneteria a causa dell'Euro, che fiscale dato l'alto livello di tasse e di stock di debito.
La matrice in tabella 2 mostra come un economia economicamente e politicamente forte come l'Italia possa ottenere un rating molto basso in situazione di mancanza di margini di politica monetaria e fiscale, con forti squilibri nella bilancia commerciale (come il caso Italiano nel 2011) e un'alta percentuale di debito pubblico finanziato da investitori stranieri.



Il quinto fattore è particolarmente interessante perchè riflette la capacità dell'autorità monetaria di sostenenere con efficacia la crescita economica e allo stesso tempo attenuare gli effetti negativi di uno shock finanziario come un credit crunch.
Maggiore flessibilità monetaria vuole però anche dire nei fatti maggiore flessibilità fiscale. Considero assolutamente elementare e platonicamente ideologico pensare che la leva fiscale e quella monetaria siano indipendenti.
Oggi per esempio l'Italia avrebbe bisogno di più inflazione. L'inflazione è infatti una tassa oscura che è a carico degli investitori in titoli del debito pubblico in quanto diminuisce il valore dello stock del debito. Oggi con più inflazione l'Italia potrebbe avere una politica fiscale molto più accomodante e capace di stimolare maggiormente gli investimenti produttivi e la crescita. Probabilmente la capacità di raccolta non sarebbe eccessivamente danneggiata dato che gli investimenti in titoli pubblici italiani possono usufruire di un'aliquota fiscale di favore del 12,5% e con un tasso d'inflazione del 5% sarebbero ancora competitivi rispetto ad investimenti in altre asset class dal punto di vista fiscale. Inoltre in una situazione macro come quella attuale di deflazione, tassi d'interesse reali ed eccesso di liquidità i rendimenti potrebbero essere contenuti.
In conclusione questi elementi di mancanza di flessibilità aumentano il costo reale del debito Italiano anche tramite il rating emesso dalle Agenzie. Alcuni potrebbero sostenere che la politica monetaria dela Banca d'Italia non era comunque credibile prima dell'entrata nell'Euro e quindi non sarebbe stato vero che l'Italia avrebbe avuto maggiore flessibilità monetaria standone fuori. Quest'argomentazione può avere una giustificazione storica, ma proprio la sua storicità ne rappresenta il limite.
La politica della Banca d'Italia non è stata credibile quando la Banca dipendeva dal governo, quando l'Italia energeticamente dipendeva esclusivamente dal petrolio, quando esisteva la scala mobile e non erano stati fatti tutti i tagli di spesa pubblica realizzati in questi anni nonchè i tagli ai sistemi pensionistici. La cavalcata dello spread nel 2011 è dovuta molto di più alla crisi dell'Istituzione Euro piuttosto che alla mancata politica di avanzi primari perseguita dai governi Prodi e Berlusconi prima del 2007. L'Italia durante la crisi del 2008 ha mostrato una incredibile resilienza ottenendo uno tra i deficit pubblici più contenuti tra le economie sviluppate ed è entrata in crisi solo grazie alla crisi dell'Euro e alla paura dell'effetto contagio a seguito del "Default" greco. Questa effettivamente è stata una seconda ondata di crisi che si è verificata solo nell'Area Euro e non è stata sperimentata da altre economie.
Prima di concludere credo sia doveroso dire che non sono a conoscenza di nessuna presa di posizione delle Agenzie di rating sul possibile merito di credito Italiano in caso di uscita dall'Euro. Probabilmente un'uscita dall'Euro potrebbe oggi giorno corrispondere ad una forma soft di default pari alla svalutazione che la Lira avrebbe nei confronti dell'Euro e quindi addirittura una riduzione del merito di credito. Una tale uscita però potrebbe nel lungo periodo rimettere in carreggiata l'Italia migliorandone il profilo di flessibilità e performance e di conseguenza rimettere in piedi il Paese.

Gli sforzi fatti dall'Europa per far funzionare l'Euro sono ancora irrilevanti. Il meccanismo Salva-Stati nonchè l'integrazione del sistema bancario sono forme di ingegneria istituzionale che offrono maggiore flessibilità ai singoli Stati. A questi però si affiancano altri meccanismi come il fiscal compact che vanno in direzione opposta. Se l'Europa vuole salvare l'Euro deve veramente fare di più.

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